Portogallo in fiamme: perché in Portogallo ci sono tutti questi incendi?

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incendi in Portogallo emergenza

Negli ultimi vent’anni il Portogallo è comparso con inquietante regolarità in cima alle classifiche europee per superficie boschiva bruciata. Dal 2017 – anno tragico con oltre cento vittime e mezzo milione di ettari devastati – fino alle estati recenti segnate da nuove emergenze, il Paese continua a essere uno degli epicentri degli incendi in Europa. Nonostante investimenti, leggi più severe e il rafforzamento dei sistemi di protezione civile, ogni estate il rischio ritorna, alimentato da un mix di fattori che rende il Portogallo un caso particolarmente complesso.

Quali sono le ragioni dell’emergenza incendi che ogni estate colpisce il Portogallo?

Il “triangolo” del rischio

Gli esperti parlano di un triangolo difficile da spezzare, formato da tre elementi che, insieme, spiegano perché in Portogallo gli incendi siano così frequenti e spesso così gravi: clima e meteorologia, uso del territorio e comportamenti umani.

1. Clima e meteorologia

Le condizioni climatiche del Paese, esacerbate dai cambiamenti globali, creano un contesto estremamente favorevole al fuoco. Estati più lunghe e secche, episodi di siccità prolungata e giornate con vento forte riducono l’umidità e accelerano la propagazione delle fiamme. Fenomeni come le ondate di calore e i cosiddetti “heat domes” – cupole di aria calda che si stabilizzano per giorni sopra la penisola iberica – fanno schizzare gli indici di pericolo, come dimostrano i bollettini del Copernicus Atmosphere Monitoring Service e del Centro Comum de Investigação della Commissione Europea. In queste condizioni, anche un singolo innesco può trasformarsi in un incendio di grande portata.

2. Uso e abbandono del territorio

Accanto al clima, il modello di occupazione del territorio è una delle principali fragilità portoghesi. Gran parte delle aree rurali è caratterizzata da una proprietà frammentata e indivisa, con migliaia di piccoli appezzamenti spesso abbandonati a causa dello spopolamento e della perdita di valore economico dell’agricoltura. A questo si somma l’espansione di specie ad alta infiammabilità, come eucalipto e pino marittimo, che garantiscono continuità di combustibile in vaste aree. Il risultato è un paesaggio in cui il fuoco trova sempre “strade” per propagarsi.

3. Comportamenti umani

Il terzo lato del triangolo riguarda le persone. Ogni anno, una parte consistente degli incendi nasce da attività umane: bruciature mal gestite, uso improprio del fuoco per pulire terreni agricoli, barbecue in giornate a rischio massimo e, in alcuni casi, incendi dolosi. A complicare il quadro si aggiunge il fenomeno delle riaccensioni, responsabile di una quota rilevante dei roghi, che dimostra quanto sia difficile garantire il completo spegnimento in condizioni estreme. Secondo i rapporti annuali del sistema portoghese di gestione degli incendi, la quasi totalità degli episodi ha origine antropica, diretta o indiretta.

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Una storia che si ripete: i grandi incendi dal 2000 a oggi

Guardando alle statistiche europee e ai rapporti dell’EFFIS (European Forest Fire Information System) emerge chiaramente come il Portogallo alterni stagioni di media intensità a veri e propri anni neri, caratterizzati da numeri fuori scala rispetto al resto del continente.

  • 2003 – Un primo grande campanello d’allarme: più di 400 mila ettari bruciati, in un’estate segnata da siccità estrema e ondate di calore che colpirono tutta l’Europa meridionale.
  • 2005 – Una nuova stagione devastante, con oltre 300 mila ettari andati in fumo, che confermò la vulnerabilità del Paese di fronte a condizioni meteorologiche estreme.
  • 2010–2016 – Anni oscillanti, con incendi frequenti ma meno estesi; tuttavia, i dati restavano tra i più alti dell’UE, a dimostrazione di un problema strutturale.
  • 2017 – l’anno spartiacque – Il più tragico della storia recente: circa 540 mila ettari bruciati, oltre 100 vittime tra Pedrógão Grande (giugno) e i maxi-incendi di ottobre. Le immagini di villaggi intrappolati dalle fiamme e strade trasformate in trappole infuocate fecero il giro del mondo. Questo evento segnò una svolta nella percezione sociale e politica del problema.
  • 2018–2021 – Nonostante una riduzione della superficie bruciata grazie a condizioni meteo meno estreme e a investimenti nella prevenzione, il numero di ignizioni restò molto elevato.
  • 2022 – Seconda peggiore stagione europea del XXI secolo: oltre 110 mila ettari distrutti solo in Portogallo, con la Serra da Estrela tra le aree più colpite. L’intero bacino mediterraneo visse un’estate rovente, con incendi record anche in Francia, Spagna e Italia.
  • 2023 – In Europa è la Grecia a registrare il primato con l’incendio più vasto di sempre nel continente (Evros, oltre 80 mila ettari in un singolo evento). Il Portogallo resta tra i paesi più colpiti, pur senza raggiungere i livelli del 2017 e del 2022.
  • 2024 – Una stagione “media” in termini di superficie totale, ma con roghi che hanno interessato aree di grande valore ecologico, inclusi diversi siti Natura 2000.
  • 2025 (fino all’estate)Ancora una volta la penisola iberica è l’epicentro: la Spagna guida per ettari bruciati, ma il Portogallo continua a registrare centinaia di incendi con decine di migliaia di ettari persi, confermando la persistenza del problema.

Non solo Portogallo: il Mediterraneo in fiamme

Il Portogallo è spesso in cima alle statistiche, ma non è un caso isolato. Tutti i paesi mediterranei condividono condizioni climatiche e socioeconomiche che favoriscono la diffusione degli incendi. Negli ultimi anni si nota una tendenza comune: incendi meno numerosi ma più estesi e distruttivi, spesso difficili da contenere anche con grandi dispiegamenti di mezzi.

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Spagna

La vicina Spagna vive dinamiche molto simili a quelle portoghesi. La combinazione di abbandono rurale, aumento delle superfici boscate e ondate di calore ha reso il paese uno dei più colpiti d’Europa. Nel 2022 ha registrato oltre 300 mila ettari bruciati, con mega-incendi nella Castiglia e León e nella Comunità Valenciana. Nel 2025, fino all’estate, guida la classifica europea per superficie arsa, confermando un trend preoccupante.

Grecia

La Grecia rappresenta un altro epicentro della crisi climatica. Nel 2023 il paese ha subito il più grande incendio mai registrato in Europa, nella regione dell’Evros, con più di 80 mila ettari devastati in un singolo evento. Anche qui la combinazione di clima estremo, venti forti e abbandono del territorio crea scenari catastrofici, con gravi impatti su aree naturali protette e comunità locali.

Italia

Anche l’Italia non è estranea a incendi su larga scala. Nel 2021 la Sardegna visse settimane drammatiche con decine di migliaia di ettari distrutti. Nel 2022 e 2023 il fenomeno si è concentrato soprattutto nel Sud e nelle isole, con migliaia di ettari bruciati in Sicilia, Calabria e Puglia. Come in Portogallo, anche qui pesa il problema delle terre agricole abbandonate, che favoriscono l’accumulo di vegetazione secca.

Francia

Tradizionalmente meno colpita, la Francia ha conosciuto negli ultimi anni una situazione nuova. Nel 2022, durante l’estate di siccità record, la Gironda (Nouvelle-Aquitaine) vide incendi senza precedenti, con migliaia di persone evacuate e oltre 60 mila ettari bruciati. Questo dimostra come il rischio non sia più confinato al Mediterraneo stretto, ma si estenda verso aree atlantiche.


Un problema comune, una vulnerabilità condivisa

Il quadro complessivo mostra che il Portogallo non è un’eccezione isolata, ma parte di una tendenza che riguarda tutto il Mediterraneo e oltre. La differenza è che, data la sua dimensione ridotta e la concentrazione di popolazione in zone rurali ad alto rischio, il Portogallo paga un prezzo proporzionalmente più alto: in termini di superficie arsa rispetto al territorio nazionale e di impatto sulle comunità locali.

Le leggi portoghesi contro gli incendi: dalla reazione all’organizzazione

Gli incendi in Portogallo non sono solo un fenomeno naturale, ma anche un tema di politica pubblica. Dopo ogni grande tragedia, lo Stato ha introdotto nuove misure per rafforzare la prevenzione e il coordinamento.

DL 124/2006 – la base normativa

Il Decreto-Lei n.º 124/2006 è stato uno dei primi tentativi organici di creare un sistema nazionale di difesa della foresta contro gli incendi. Prevedeva:

  • l’obbligo di fasce di gestione del combustibile attorno a case, villaggi e infrastrutture;
  • la definizione dei piani municipali di defesa da floresta;
  • norme per la prevenzione strutturale, come la manutenzione di linee elettriche o viabilità rurale.

Questa legge, tuttavia, si è spesso scontrata con la difficoltà di far rispettare sul territorio obblighi molto esigenti, in un contesto di proprietà frammentata e abbandono rurale.

La svolta del 2017: AGIF e la strategia decennale

Dopo l’anno tragico del 2017, il governo portoghese ha creato l’AGIF (Agência para a Gestão Integrada de Fogos Rurais), con il compito di coordinare a livello strategico tutte le entità coinvolte (Protezione Civile, ICNF, municipi, forze dell’ordine).
Nel 2020 è stata poi approvata la Estratégia Nacional para a Gestão Integrada dos Fogos Rurais 2020–2030, che ha introdotto un principio chiaro: la prevenzione deve venire prima del combattimento. Tra le linee guida principali:

  • mosaici di uso del suolo per interrompere la continuità del combustibile;
  • valorizzazione delle pratiche agricole e pastorali come strumenti di prevenzione;
  • coinvolgimento delle comunità locali e programmi di formazione;
  • obiettivo di ridurre significativamente, entro il 2030, la superficie media annuale bruciata.
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DL 82/2021 – il SGIFR

Un altro passo importante è stato il Decreto-Lei n.º 82/2021, che ha istituito il Sistema de Gestão Integrada de Fogos Rurais (SGIFR). Con questa riforma si è cercato di chiarire ruoli e responsabilità:

  • l’AGIF come coordinatore strategico;
  • l’ICNF (Instituto da Conservação da Natureza e das Florestas) con competenze operative sulla gestione forestale;
  • l’ANEPC (Autoridade Nacional de Emergência e Proteção Civil) per le operazioni di soccorso ed emergenza;
  • forze armate e forze di sicurezza per il supporto nei periodi critici.

I risultati e i limiti

Negli ultimi anni i dati mostrano una diminuzione del numero di incendi rispetto ai picchi del passato, ma anche una persistenza di grandi roghi estremamente distruttivi quando si verificano condizioni meteorologiche eccezionali. Questo conferma che le leggi hanno reso il sistema più organizzato ed efficace, ma non hanno ancora eliminato il problema strutturale: clima estremo, territorio abbandonato e comportamento umano continuano a far parte dell’equazione.

Lezioni apprese e strade per il futuro

Gli incendi in Portogallo non sono un destino inevitabile, ma il risultato dell’incontro tra clima estremo, abbandono del territorio e fragilità socioeconomiche. Da questo intreccio nascono le stagioni devastanti che hanno segnato la memoria collettiva del paese. Eppure, alcune lezioni importanti possono orientare la gestione futura.

1. Gestione del combustibile: la prevenzione comincia dal paesaggio

Creare mosaici di colture, pascoli e foreste gestite riduce la continuità del combustibile e limita la propagazione dei grandi incendi. La reintroduzione del pascolo estensivo e la valorizzazione delle pratiche agricole tradizionali si stanno rivelando strumenti concreti ed economici per prevenire catastrofi.

2. Ritorno all’agricoltura e presidio del territorio

Il recupero di aree rurali abbandonate non è solo una questione economica, ma una misura di sicurezza. Territori vivi, coltivati e abitati sono meno vulnerabili. Incentivare l’agricoltura sostenibile e le filiere locali significa anche trasformare un problema ambientale in opportunità di sviluppo.

3. Pianificazione e zone di interfaccia urbano-forestale (WUI)

Con l’espansione delle abitazioni nelle campagne e nelle periferie, le aree di interfaccia urbano-forestale sono diventate punti critici. Servono regole più stringenti su fasce di protezione attorno alle case, materiali costruttivi resistenti e piani di evacuazione locali.

4. Educazione e comportamenti responsabili

Una quota importante degli incendi in Portogallo nasce da ignizioni evitabili: bruciature mal gestite, fuochi accesi in giornate di vento, negligenze. Investire in campagne di sensibilizzazione permanenti e in una maggiore presenza delle autorità sul territorio resta cruciale.

5. Cooperazione europea

Il Portogallo non è solo: Spagna, Grecia, Italia e Francia affrontano sfide analoghe. Le missioni di supporto con squadre di pompieri europei, il Meccanismo di Protezione Civile dell’UE e i satelliti di monitoraggio (Copernicus Atmosphere, EFFIS) mostrano che la risposta deve essere continentale. In un clima che cambia, nessun paese può permettersi di agire da solo.


Conclusione

Il Portogallo ha conosciuto la faccia più dura del fuoco, con stagioni come quella del 2017 entrate nella storia. Ma negli ultimi anni ha anche sviluppato una cultura della prevenzione e un sistema di gestione più integrato. La sfida rimane aperta: in un’Europa sempre più calda e secca, la lotta agli incendi non sarà vinta con i mezzi aerei o i pompieri da soli, ma con un nuovo equilibrio tra uomo, territorio e clima.

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