Fernando Couto, il cattivo del calcio portoghese

Il ritratto di un guerriero prestato al calcio
Fernando Couto è stato uno dei difensori più iconici del calcio europeo tra gli anni ’90 e 2000. Nato a Espinho nel 1969, ha costruito la sua reputazione grazie a una presenza fisica imponente, una mentalità aggressiva e una determinazione feroce.
La sua carriera è un intreccio di successi internazionali, titoli vinti con club prestigiosi come Porto, Parma, Barcellona e Lazio, ma anche di polemiche, espulsioni e un controverso caso di doping che ha segnato per sempre la sua immagine pubblica. Nonostante tutto, è ancora ricordato come uno dei pilastri della cosiddetta Generazione d’Oro del calcio portoghese.
Gli inizi: dalle giovanili del Porto alla generazione d’oro
Nato il 2 agosto 1969 a Espinho, Fernando Couto si avvicina al calcio nelle giovanili del Porto, una delle squadre più blasonate del Portogallo. Dopo aver mostrato grande potenziale come difensore centrale, viene mandato in prestito per fare esperienza prima al Famalicão e poi all’Académica, due tappe fondamentali per sviluppare il suo stile di gioco aggressivo e la capacità di leggere le azioni avversarie.
Il momento decisivo arriva nel 1989, quando viene selezionato per rappresentare il Portogallo al Campionato del Mondo Under 20 disputato in Arabia Saudita. La squadra, che comprendeva futuri campioni come Luís Figo e Rui Costa, vince il torneo e conquista il titolo mondiale, consacrando quella generazione come la famosa “Geração de Ouro”. Questo successo lo lancia definitivamente nel calcio professionistico, pronto a imporsi come uno dei difensori più temuti d’Europa.
L’affermarzione al Porto: titoli e prime controversie
Nel 1990, Fernando Couto fa ritorno al Porto da protagonista. In poco tempo diventa titolare fisso nella retroguardia dei Dragões, contribuendo alla conquista di due campionati portoghesi (1991-92, 1992-93) e due Coppe del Portogallo. Il suo stile fisico e deciso si adatta perfettamente alla squadra, e la sua presenza in campo si fa sempre più imponente.
Ma già in questi anni emergono i primi segnali del suo carattere irruento. Uno degli episodi più noti è l’espulsione contro l’Italia nelle qualificazioni per i Mondiali USA ’94, un cartellino rosso che alimenta la sua fama di giocatore duro e senza compromessi. Questo lato del suo temperamento diventerà una costante lungo tutta la carriera.
L’avventura italiana: il Parma e la vittoria in Coppa UEFA
Nel 1994 arriva il trasferimento al Parma, allora una delle squadre più ambiziose della Serie A. L’adattamento al calcio italiano, tatticamente rigoroso e difensivamente esigente, non è immediato, ma Couto riesce a ritagliarsi un ruolo centrale nella squadra guidata da Nevio Scala.
La stagione 1994-95 è indimenticabile: il Parma vince la Coppa UEFA, battendo la Juventus in finale. Il contributo di Couto è decisivo, soprattutto nella gestione difensiva contro attaccanti del calibro di Vialli e Del Piero. È il suo primo grande successo internazionale a livello di club.
Tuttavia, la seconda stagione in Italia è meno brillante. Alcuni infortuni ne limitano le presenze e il rendimento, e la sua avventura a Parma si conclude senza la stessa intensità dell’inizio. Ma l’esperienza italiana è solo agli inizi.
Il periodo al Barcellona: successi e difficoltà
Nel 1996 Fernando Couto approda al Barcellona, accompagnato dal portiere Vítor Baía, in un doppio acquisto che rafforza la presenza portoghese nella Liga. Sotto la guida di Bobby Robson, Couto contribuisce alla vittoria della Copa del Rey e della Coppa delle Coppe nel 1997, due trofei che segnano un momento positivo della sua carriera.
Tuttavia, l’idillio con il club catalano si incrina con l’arrivo di Louis van Gaal sulla panchina blaugrana. Il tecnico olandese rivede l’organico e riduce sensibilmente lo spazio a disposizione del difensore portoghese, che finisce spesso in panchina. Le difficoltà ambientali e le nuove scelte tecniche lo spingono a cercare una nuova avventura.
L’apice con la Lazio: tifosi, titoli e tensioni
Nel 1998 Fernando Couto si trasferisce alla Lazio, trovando subito una grande sintonia con l’ambiente romano. Sotto la guida di Sven-Göran Eriksson, si afferma come uno dei leader della squadra, amatissimo dai tifosi per la sua grinta e determinazione.
Il biennio 1999-2000 è il più vincente della sua carriera: arriva la Coppa delle Coppe nel 1999, la Supercoppa Europea, e soprattutto lo Scudetto nel 2000, coronamento di una stagione memorabile per i biancocelesti.
Ma non mancano i momenti controversi. Celebre è lo scontro con Sergio Conceição, suo connazionale, durante un allenamento, così come le tensioni con Roberto Mancini, segno di un carattere forte che non ha mai amato fare passi indietro.
La vicenda doping: nandrolone e conseguenze legali
Nel 2001, dopo una partita contro la Fiorentina, un test antidoping rileva la presenza di nandrolone nel sangue di Fernando Couto. Il caso scuote l’opinione pubblica: inizialmente, viene inflitta una squalifica di 10 mesi, poi ridotta a 4 mesi dopo il ricorso.
Le conseguenze non sono solo sportive: viene condannato a 4 mesi di prigione con pena sospesa e a una multa di 4.000 euro, come riportato anche dal Jornal de Brasília. L’episodio rappresenta una macchia indelebile in una carriera fino a quel momento costellata di successi, ma non fa crollare l’aura da guerriero che lo ha sempre accompagnato.
Il ritorno al Parma e il ritiro
Nel 2005 Fernando Couto fa ritorno al Parma, club dove aveva già militato negli anni ’90. Il suo secondo periodo in Emilia è segnato da una progressiva perdita di brillantezza e da episodi discussi, tra cui squalifiche e atteggiamenti che confermano il suo carattere impulsivo.
Malgrado l’età e le difficoltà fisiche, resta un riferimento per lo spogliatoio fino al suo ritiro nel 2008, all’età di 38 anni, chiudendo una carriera lunga quasi vent’anni nel calcio professionistico.
La carriera internazionale: capitano del Portogallo
Con 110 presenze, Fernando Couto è stato uno dei pilastri storici della nazionale portoghese. Ha partecipato a Euro 1996, Euro 2000, ai Mondiali del 2002 e a Euro 2004, spesso indossando la fascia da capitano.
Il suo cammino in maglia lusitana si chiude con l’amara finale persa contro la Grecia a Euro 2004, giocata in casa. In quella squadra giocava anche un giovane Cristiano Ronaldo. Un epilogo dal sapore agrodolce per una carriera internazionale che lo ha visto protagonista in una delle generazioni più talentuose del calcio portoghese.
Dopo il ritiro: dirigenza e allenatore
Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, Couto intraprende una carriera dietro le quinte. Nel 2010 viene nominato direttore generale del Braga, contribuendo alla crescita del club anche a livello europeo. Nella stagione 2012-2013 assume il ruolo di vice-allenatore, arricchendo la sua esperienza con nuove competenze.
Nel 2014 lascia il club, chiudendo un capitolo importante della sua seconda vita calcistica.
Oggi Fernando è un procuratore sportivo.
Lascito e percezione pubblica
Fernando Couto è ricordato come un difensore carismatico, dalla forte presenza fisica e dotato di una mentalità vincente. Il suo stile di gioco aggressivo e senza compromessi ha diviso l’opinione pubblica: da una parte l’ammirazione per la sua dedizione, dall’altra le critiche per i suoi comportamenti fuori dalle righe e gli episodi controversi che hanno accompagnato la sua carriera.
Il paradosso di Fernando Couto
Fernando Couto è il simbolo di un calcio viscerale, fatto di cuore, fatica e duelli. Ha incarnato il prototipo del guerriero moderno, capace di ispirare rispetto dentro e fuori dal campo. Eppure, la sua figura resta ambigua, sospesa tra grandezza sportiva e zone d’ombra.
Un paradosso vivente, che rende la sua storia ancora più affascinante: quella di un uomo che non ha mai smesso di lottare, nel bene e nel male.