Perché le orche attaccano le imbarcazioni in Portogallo e nella Penisola Iberica?
Negli ultimi anni un fenomeno insolito ha catturato l’attenzione di marinai, scienziati e curiosi: le orche della Penisola Iberica hanno iniziato ad attaccare vele e piccole imbarcazioni lungo le coste del Portogallo e della Spagna.
Questi episodi, sempre più frequenti, hanno sollevato interrogativi e timori. Non si tratta soltanto di un comportamento spettacolare e inatteso, ma di una situazione che comporta danni economici ingenti, potenziali rischi per la sicurezza dei naviganti e conseguenze anche sul settore del turismo nautico e della navigazione ricreativa.
Chi sono le orche coinvolte
Gli episodi registrati lungo le coste di Portogallo e Spagna sono attribuiti a un gruppo ben preciso: la popolazione iberica di orche, nota anche come Iberian orca pod e catalogata dal Grupo de Trabajo Orca Atlántica (GTOA) con il soprannome di “Gladis”.
Tra queste, la protagonista più citata è White Gladis, una femmina adulta che molti ricercatori considerano la possibile “mente” dietro al comportamento coordinato. Secondo alcune teorie, White Gladis avrebbe vissuto un trauma con una barca – forse un urto con un’elica o un timone – che potrebbe aver scatenato un comportamento di ritorsione, poi imitato dai giovani del branco.
Comportamenti osservati
- Gli attacchi sono diretti principalmente al leme (timone) delle imbarcazioni a vela, punto vitale per il controllo della rotta.
- In alcuni casi le orche hanno colpito anche la prua o la poppa, causando ulteriori danni strutturali.
- Il fenomeno mostra una sorprendente coordinazione di gruppo: giovani orche partecipano insieme a individui adulti, segno di un apprendimento sociale in atto.
- Le conseguenze non sono banali: diverse imbarcazioni sono state gravemente danneggiate e in più di un caso si è arrivati addirittura all’affondamento.
Episodi recenti in Portogallo
Secondo i dati del Jornal de Notícias (JN), il problema è in crescita: nel solo mese di ottobre 2025 sono state registrate 23 interazioni lungo la costa portoghese, per un totale di 47 episodi nell’arco del mese. Numeri che testimoniano come la presenza delle orche e i loro comportamenti stiano diventando un elemento da considerare seriamente per la sicurezza della navigazione.
Non si tratta però di una novità assoluta: i primi casi sono stati documentati nel 2020, quando le orche hanno iniziato a prendere di mira soprattutto imbarcazioni da diporto e barche a vela, rendendoli i loro bersagli preferiti.
Ipotesi esplicative
Nonostante anni di osservazioni, il comportamento delle orche lungo la costa portoghese rimane avvolto dal mistero. Le spiegazioni avanzate dagli esperti oscillano tra scienza e suggestione, delineando scenari diversi ma ugualmente affascinanti.
Una delle teorie più discusse riguarda la ritorsione. Secondo questa ipotesi, la femmina adulta conosciuta come White Gladis avrebbe subito un incidente con un’imbarcazione, forse una collisione o un colpo di elica. Da quell’episodio traumatico sarebbe nato un atteggiamento aggressivo e mirato contro i timoni delle barche, successivamente imitato dagli altri membri del gruppo.
C’è però chi pensa che le orche non agiscano per vendetta, ma per gioco. Animali intelligenti e curiosi, potrebbero aver trovato nei timoni un oggetto di esplorazione, un “giocattolo” da mettere alla prova. Gli esemplari più giovani, in particolare, potrebbero semplicemente divertirsi a colpire e danneggiare una parte mobile e resistente delle imbarcazioni.
Un’altra chiave di lettura fa riferimento allo stress ambientale. La popolazione iberica di orche vive in un habitat sottoposto a forti pressioni: pesca intensiva del tonno, traffico marittimo crescente, inquinamento acustico e collisioni frequenti con natanti. Tutti questi elementi possono aver contribuito ad alterare i comportamenti naturali, favorendo reazioni insolite e potenzialmente aggressive.
Infine, va ricordata la capacità delle orche di apprendere culturalmente. Questi cetacei trasmettono comportamenti innovativi all’interno del gruppo, proprio come una comunità umana. Un gesto nato da trauma, da gioco o da stress può così trasformarsi in un’abitudine collettiva, diffondendosi rapidamente e consolidandosi come pratica sociale condivisa.
Fattori che facilitano gli attacchi
Non tutti i natanti sembrano essere presi di mira allo stesso modo. Le orche, infatti, mostrano una chiara preferenza per le barche a vela, soprattutto quando navigano a motore spento. Il ridotto livello di rumore potrebbe renderle più attraenti o, al contrario, non generare quel “segnale di allontanamento” che invece accompagna le imbarcazioni a motore.
La stagionalità gioca un ruolo importante. Secondo i dati raccolti dal Jornal de Notícias, è in autunno – in particolare a ottobre – che si registrano il maggior numero di interazioni. Il motivo sarebbe legato alla migrazione delle orche al seguito del tonno rosso, una delle loro principali prede, che in questo periodo transita lungo le coste iberiche.
Un ulteriore elemento da considerare è la sovrapposizione tra le rotte della nautica da diporto e gli habitat naturali delle orche. Le acque più frequentate da turisti e velisti coincidono con le zone di caccia di questi cetacei. In più, l’aumento di rumore e traffico marittimo può incrementare lo stress e, di conseguenza, la probabilità di interazioni indesiderate.
Conseguenze e risposte
Gli attacchi delle orche hanno effetti molto concreti. I danni alle imbarcazioni possono tradursi in costose riparazioni o addirittura nella perdita totale della barca, con un forte impatto economico e psicologico per i velisti.
La situazione ha già portato a cambiamenti nelle abitudini di chi naviga. Sempre più diportisti scelgono di rinunciare a certe uscite in mare, di seguire con attenzione gli avvisi delle autorità e di restare più vicini alla costa o in acque meno profonde, nel tentativo di ridurre i rischi.
Parallelamente, scienziati e tecnici stanno sperimentando diverse soluzioni. Tra queste vi sono dispositivi acustici pensati per scoraggiare gli avvicinamenti delle orche senza danneggiarle, un approccio che punta a proteggere sia i naviganti sia gli animali.
La sfida resta complessa: trovare un equilibrio tra la sicurezza della navigazione e la conservazione di una specie già fragile, in un ecosistema marino sempre più sotto pressione.
Relazione con altri fenomeni ambientali
Gli attacchi delle orche non possono essere compresi senza inserirli in un quadro più ampio. L’acidificazione degli oceani e i cambiamenti climatici stanno alterando gli equilibri degli ecosistemi marini, con conseguenze sulla catena alimentare e sulla disponibilità di prede come il tonno rosso. Allo stesso tempo, l’impatto antropico – dall’inquinamento al traffico navale fino alla pesca intensiva – contribuisce ad aumentare i livelli di stress di questi grandi predatori, influenzandone i movimenti e i comportamenti.
Domande ancora aperte
Nonostante i progressi delle ricerche, restano molti interrogativi. È davvero in atto una forma di ritorsione, legata a un trauma subito, o si tratta di un comportamento sociale nuovo, nato e diffuso all’interno del gruppo senza una causa diretta?
Un altro punto cruciale riguarda la durata del fenomeno: si tratta di una moda temporanea, destinata a scomparire come altre forme di gioco osservate nei cetacei, oppure diventerà un comportamento stabile?
Non è chiaro nemmeno quante orche siano effettivamente coinvolte e come sia distribuito il loro areale lungo le coste iberiche. Infine, resta da chiarire il peso dei fattori esterni – dalla pesca al rumore del traffico marittimo – nel provocare o amplificare questi attacchi.