Il mercato delle identità in affitto per poter lavorare come rider nelle piattaforme di consegna

Il fenomeno delle identità in affitto sulle piattaforme di consegna di cibo come Uber Eats, Glovo e Bolt Food sta diventando sempre più diffuso, alimentato dalla necessità di molti lavoratori stranieri di trovare un modo per guadagnarsi da vivere, nonostante la mancanza di documenti validi.
Questa pratica, che avviene spesso in modo clandestino, mette in luce una zona grigia in cui migliaia di persone operano in modo irregolare.
Come funziona l’affitto delle identità
Il meccanismo dell’identità in affitto è relativamente semplice. I lavoratori che non possono registrarsi direttamente sulle piattaforme, poiché privi di permessi di soggiorno o di lavoro, affittano gli account di altri utenti regolarmente registrati. Il costo per l’uso di un account può variare dai 20 ai 60 euro a settimana, con alcuni che affittano il proprio profilo per periodi più lunghi.
Carlos, un immigrato brasiliano che attualmente vive in Portogallo, spiega: “Non ho i documenti necessari per aprire una mia identità su Uber Eats, quindi affitto quella di un amico. Lui lavora in un ristorante e mi cede la sua identità per fare consegne.”
I rischi legali
Questo sistema, apparentemente vantaggioso per entrambe le parti, espone i lavoratori a rischi legali. Affittare un’identità altrui rappresenta un reato di usurpazione d’identità e può anche configurare il reato di frode informatica. Sebbene non sia considerato furto d’identità, visto che c’è un consenso tra le parti, si tratta comunque di una violazione della legge.
L’avvocato Rita Garcia Pereira sottolinea: “L’uso di un’identità altrui su queste piattaforme costituisce una forma di frode informatica, punibile con multe o, nei casi più gravi, con la reclusione fino a cinque anni.”
Le piattaforme e le autorità
Le piattaforme di consegna, come Glovo, Uber Eats, Bolt Food o Bolt Send, hanno sistemi di sicurezza che monitorano questo tipo di attività, ma i dettagli sulle infrazioni rilevate rimangono riservati. Nonostante ciò, è evidente che il fenomeno delle identità in affitto sia un problema diffuso, che le autorità hanno difficoltà a contrastare.
Nel 2023, l’Autorità per le Condizioni di Lavoro (ACT) ha rilevato che circa la metà dei fattorini verificati operava in condizioni di irregolarità, con la maggior parte di essi coinvolta nel mercato dell’affitto delle identità.
Le cause del fenomeno
La principale causa di questo fenomeno è la difficoltà che molti immigrati incontrano nell’ottenere un impiego legale. La barriera linguistica e la burocrazia complessa spingono molti di loro a trovare soluzioni alternative, come l’affitto di identità altrui per poter lavorare e mantenersi.
Tariq, un immigrato pakistano che è riuscito a regolarizzare la sua posizione in Portogallo, afferma:
“Molti affittano identità su Glovo o Uber Eats perché non riescono a trovare lavoro altrove. Non è il modo giusto di fare, ma per molti è l’unica possibilità.”
Il fenomeno delle identità in affitto nelle piattaforme di consegna mette in luce le difficoltà e le ingiustizie che molti lavoratori immigrati devono affrontare. È una pratica che, pur rappresentando una soluzione temporanea per alcuni, comporta rischi legali significativi e danneggia l’integrità delle piattaforme stesse.
Le autorità devono affrontare il problema con maggiore attenzione, garantendo soluzioni legali per coloro che cercano di costruire una vita in nuovi paesi senza ricorrere a pratiche illegali.