Sicilia come il Portogallo? Gli sconti fiscali per attrarre residenti e imprese tra ambizioni e rischi

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Il 22 luglio 2025 il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legislativo che consente alla Regione Siciliana di introdurre sconti, esenzioni e agevolazioni fiscali per chi decide di trasferirsi sull’isola, sia come privato cittadino sia come impresa. Si tratta di una misura resa possibile dallo statuto speciale della Sicilia e mira a contrastare lo spopolamento, rilanciare l’economia locale e attrarre investimenti nazionali e internazionali.

L’ispirazione, dichiarata dallo stesso presidente della Regione Renato Schifani, arriva direttamente dal cosiddetto “modello Portogallo”, ovvero il regime dei residenti non abituali (NHR), in vigore dal 2009 fino al 2024. Un sistema che ha effettivamente attratto decine di migliaia di stranieri, tra professionisti e pensionati, grazie a un trattamento fiscale molto vantaggioso. Tuttavia, nel tempo ha anche generato pesanti squilibri nel mercato immobiliare e crescenti tensioni sociali, fino alla sua chiusura definitiva.

L’obiettivo di questo articolo è capire se la Sicilia stia davvero seguendo le orme del Portogallo e, soprattutto, quali lezioni potrebbe (o dovrebbe) imparare per evitare gli stessi errori.

Il modello Portogallo: cos’era e com’è andata

Cosa prevedeva

Il regime dei residenti non abituali (NHR – Non-Habitual Residents), introdotto in Portogallo nel 2009, fu concepito come misura di rilancio economico dopo la crisi del 2008. Offriva vantaggi fiscali rilevanti agli stranieri che decidevano di trasferire la propria residenza fiscale nel Paese.

In particolare, prevedeva:

  • un’aliquota forfettaria del 20 % per i redditi da lavoro in professioni ad alto valore aggiunto, come medici, architetti o docenti universitari;
  • una flat tax del 10 % sulle pensioni estere;
  • la totale detassazione dei redditi esteri già tassati nel paese d’origine, come dividendi, affitti o proventi finanziari.

Il regime si applicava per un massimo di dieci anni e richiedeva una presenza fisica in Portogallo di almeno 183 giorni all’anno. Complessivamente, tra il 2009 e il 2023, si stima che tra le 50.000 e le 89.000 persone abbiano beneficiato di queste agevolazioni.

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I vantaggi iniziali

L’effetto del regime NHR fu immediatamente visibile. Il Portogallo vide un marcato aumento del numero di pensionati stranieri e professionisti qualificati che sceglievano di stabilirsi nel paese. Alcune regioni, come l’Algarve o le città di Lisbona e Porto, diventarono mete privilegiate anche per nomadi digitali e lavoratori da remoto.

L’arrivo di residenti stranieri con capacità di spesa medio-alta favorì l’economia locale: aumentò il consumo di beni e servizi, si moltiplicarono le aperture di nuove attività, crebbe l’interesse immobiliare, e si registrarono maggiori entrate fiscali indirette, legate al turismo e ai consumi.

Gli effetti negativi

Negli anni, tuttavia, emersero anche le criticità. La crescente domanda di abitazioni da parte di stranieri e investitori generò un forte aumento dei prezzi immobiliari, in particolare nelle zone urbane e costiere. Tra il 2012 e il 2021, il prezzo medio delle case in Portogallo aumentò del 78 %, contro una media del 35 % nell’Unione Europea. A Lisbona, gli affitti salirono del 65 % e i prezzi di vendita del 137 %.

Parallelamente, la popolazione locale iniziò a subire le conseguenze della gentrificazione: salari stagnanti, affitti insostenibili, carenza di alloggi accessibili. Le proteste esplosero nel 2023, con manifestazioni in oltre venti città del Paese. Molti migranti e lavoratori a basso reddito finirono per vivere in tende, roulotte o alloggi sovraffollati, anche a causa della crescente pressione turistica e speculativa sul mercato.

Relazioni istituzionali

A fronte del peggioramento delle condizioni abitative e del crescente malcontento sociale, il governo portoghese decise di porre fine al regime per i nuovi richiedenti a partire dal 2024, mantenendo però le agevolazioni per chi era già iscritto al programma.

In parallelo, venne annunciato un piano nazionale da 2,2 miliardi di euro per costruire 33.000 nuovi alloggi popolari entro il 2030, con l’obiettivo di rispondere all’emergenza abitativa.

Infine, il governo avviò una riforma degli incentivi fiscali, con l’intenzione di sostituire il vecchio modello con un regime più selettivo, destinato a profili altamente qualificati, come ricercatori e docenti, mantenendo l’aliquota agevolata del 20 %, ma escludendo pensionati e rendite passive.

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In un secondo momento è stato poi introdotto il regime dell’IRS Jovem.

Proposta Sicilia: cosa prevede

La Regione Siciliana, in virtù del suo statuto speciale, dispone di un’ampia autonomia legislativa e fiscale, che le consente di introdurre detrazioni, deduzioni ed esenzioni fiscali locali. Il decreto legislativo approvato il 22 luglio 2025 dal Consiglio dei ministri apre ora la strada all’introduzione di agevolazioni mirate per attirare nuovi residenti e investitori sull’isola.

Gli obiettivi principali della misura sono tre:

  • Incentivare l’acquisto di immobili da parte di cittadini italiani e stranieri, con l’obbligo di trasferire la residenza in Sicilia;
  • Attirare imprese europee ed extraeuropee, promuovendo lo sviluppo di nuove attività produttive e stimolando occupazione, ricerca e innovazione;
  • Offrire agevolazioni fiscali per i pensionati non residenti, ispirandosi esplicitamente al modello adottato in passato dal Portogallo.

Il presidente della Regione, Renato Schifani, ha accolto con entusiasmo il provvedimento, dichiarando che la norma potrà essere usata sia per sostenere le fasce deboli sia per stimolare la crescita del tessuto imprenditoriale locale.

Attualmente, il decreto è stato approvato dal governo, ma manca ancora la firma del Presidente della Repubblica e, soprattutto, l’adozione delle norme attuative da parte della Regione. Fino a quel momento, non sono ancora noti i dettagli operativi, come l’entità degli sgravi fiscali, le aliquote agevolate o eventuali plafond. Resta dunque da vedere se la Sicilia riuscirà a trarre vantaggio da questa opportunità evitando gli effetti collaterali che si sono manifestati nel caso portoghese.

Cosa può imparare la Sicilia dall’esperienza portoghese

Punti di forza da replicare

L’esperienza del Portogallo ha dimostrato che un sistema di agevolazioni fiscali mirate può produrre effetti positivi se ben strutturato. La Sicilia può cogliere l’opportunità di:

  • Attrarre capitale umano qualificato e pensionati con alto potenziale di spesa, in grado di rivitalizzare i centri storici e le aree interne oggi in via di spopolamento;
  • Generare un effetto diretto sull’economia locale, attraverso l’incremento di consumi, l’attivazione del mercato immobiliare, e lo sviluppo di servizi alla persona e microimprese;
  • Costruire un profilo internazionale attrattivo, utile anche per il rilancio del turismo residenziale e per attirare nomadi digitali, investitori e start-up in cerca di ambienti stimolanti e fiscalmente vantaggiosi.
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Rischi da evitare

Allo stesso tempo, l’esperienza portoghese offre lezioni importanti sui rischi concreti legati a politiche fiscali troppo generose o scarsamente controllate:

  • Surriscaldamento del mercato immobiliare: un afflusso improvviso e incontrollato di nuovi residenti benestanti potrebbe far aumentare in modo drastico prezzi e affitti, rendendo difficile la vita per i residenti locali, in particolare nelle città d’arte e nelle zone costiere;
  • Esclusione sociale e tensioni: gli abitanti locali potrebbero sentirsi tagliati fuori o subire una concorrenza percepita come ingiusta, se i nuovi residenti pagano meno tasse pur usufruendo degli stessi servizi pubblici;
  • Squilibri territoriali: senza un disegno strategico, gli incentivi potrebbero concentrarsi solo in zone d’élite come Taormina, Ortigia o alcune aree costiere, lasciando irrisolto il problema del declino demografico nelle aree interne.

Strategie di mitigazione

Per evitare di ripetere gli errori del modello portoghese, la Sicilia dovrebbe adottare strategie preventive, calibrando attentamente le misure:

  • Limitare le agevolazioni a specifici casi, ad esempio alla prima casa, a immobili in zone da riqualificare o a affitti convenzionati, per contenere la pressione sul mercato;
  • Prevedere un obbligo minimo di permanenza (ad esempio, almeno 183 giorni l’anno) e rafforzare i controlli per evitare residenze fittizie;
  • Collegare le agevolazioni fiscali a progetti infrastrutturali e sociali, come la costruzione di case popolari, servizi per famiglie, scuole, presidi sanitari, soprattutto nelle aree a rischio di spopolamento;
  • Introdurre un meccanismo di valutazione periodica (ogni 2–3 anni), basato su indicatori chiave come l’andamento dei prezzi immobiliari, la percentuale di nuovi residenti agevolati, e l’impatto sulle comunità locali.

Una progettazione attenta e lungimirante può fare la differenza tra un’opportunità di rilancio sostenibile e una crisi annunciata.

La Sicilia ha un’occasione irripetibile: attrarre nuovi residenti e investimenti con strumenti fiscali intelligenti, imparando dagli errori altrui. Ma senza regole chiare, flessibilità di intervento e un monitoraggio costante, il rischio è quello di alimentare nuove disuguaglianze invece di colmare quelle esistenti.

Solo un disegno strategico e coordinato, magari esteso ad altre regioni del Sud e sostenuto da politiche pubbliche per l’edilizia sociale, potrà trasformare questa sfida in un vero volano di rinascita.

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