L’Operação Marquês e il più grande caso di riciclaggio della storia del Portogallo

In un pomeriggio di novembre del 2014, all’aeroporto di Lisbona, un ex primo ministro portoghese scendeva da un volo proveniente da Parigi. Ad attenderlo, però, non c’erano né giornalisti né collaboratori. C’erano gli agenti della polizia giudiziaria. Il suo nome era José Sócrates, e quell’arresto – discreto, quasi teatrale – fu solo il primo atto visibile di una vicenda molto più ampia, che stava già da tempo maturando nei corridoi silenziosi del potere e delle banche.
Per mesi, investigatori e procuratori avevano seguito una scia fatta di bonifici sospetti, conti offshore e operazioni immobiliari opache. Al centro, una rete complessa di società fittizie, prestanome e amicizie che sembravano valere più di qualsiasi regola. Gli indizi non puntavano solo a un uomo, ma a un intero sistema: quello delle relazioni pericolose tra politica, finanza e affari in Portogallo.
Lo chiamarono Operação Marquês. Il nome prendeva ispirazione dalla Avenida Marquês de Tomar, la via di Lisbona dove si trovava uno degli appartamenti utilizzati da Sócrates. Ma ben presto “Marquês” diventò sinonimo di qualcosa di molto più grande: un’indagine colossale, con decine di imputati, centinaia di reati ipotizzati, migliaia di pagine di prove e un dibattito pubblico infuocato.
In mezzo, gli ingredienti di ogni grande scandalo: banche che crollano, multinazionali favorite, amicizie d’infanzia trasformate in veicoli finanziari, favori in cambio di milioni, viaggi, consulenze e conti intestati a terzi. Ma anche giudici divisi, perizie infinite e un processo che, tra rinvii, ricorsi e prescrizioni, sembra inseguire un verdetto che non arriva mai.
Le origini dell’inchiesta
Tutto comincia in modo quasi marginale, nel luglio del 2013, quando la Caixa Geral de Depósitos, una delle principali banche pubbliche portoghesi, segnala una serie di movimenti sospetti. Il segnale nasce nell’ambito dell’Operação Monte Branco, un’altra indagine sul riciclaggio internazionale di capitali. Ciò che inizialmente sembrava un caso minore porta gli investigatori a incrociare dati, conti bancari e rapporti personali che convergono tutti su un nome: José Sócrates.
A incuriosire gli inquirenti è soprattutto il flusso di denaro che transita da conti legati al Banco Espírito Santo, istituto già indebolito da scandali interni, verso società controllate da amici o collaboratori dell’ex premier. Si tratta di milioni di euro, apparentemente giustificati da consulenze fittizie, prestiti mai rimborsati e investimenti immobiliari mascherati.
Le verifiche durano oltre un anno, in gran segreto. Poi, nel novembre 2014, arriva il colpo di scena: José Sócrates viene arrestato all’aeroporto di Lisbona, appena rientrato da Parigi. Le accuse sono pesantissime: 31 capi d’imputazione, tra cui corruzione passiva, riciclaggio, frode fiscale e falsificazione di documenti.
In passato vi avevamo parlato di un altro caso di riciclaggio di denaro diventato molto famoso, si tratta dello Scandalo della Banca del Portogallo, causato da Artur Alves Reis. A tale scandalo era pure stata dedicata una serie.
Gli imputati e le accuse
Man mano che l’inchiesta avanza, lo scenario si allarga. Nella fase istruttoria, vengono iscritti al registro degli indagati 28 imputati: 19 persone fisiche e 9 aziende. Tra loro compaiono alcuni dei nomi più noti dell’élite politico-finanziaria portoghese.
C’è l’ex banchiere Ricardo Salgado, una delle figure centrali del Grupo Espírito Santo, crollato sotto il peso di scandali e debiti. Ci sono Zeinal Bava e Henrique Granadeiro, alti dirigenti di Portugal Telecom, coinvolti per presunti favori e triangolazioni societarie. E poi Armando Vara, già ministro e dirigente della Caixa Geral, nonché vecchio amico di Sócrates. Compare anche il nome del Grupo Lena, holding portoghese attiva nel settore delle costruzioni, sospettata di essere uno dei canali principali per veicolare i fondi illeciti.
In totale, vengono formulati 189 capi d’imputazione, un numero impressionante, che spazia dal riciclaggio di denaro all’abuso di potere, dalla corruzione attiva e passiva fino alla falsificazione di documenti pubblici.
Il giudice Ivo Rosa e la svolta del 2021
Dopo anni di indagini e udienze preliminari, nel 2021 arriva un momento decisivo: la decisione del giudice istruttore Ivo Rosa. La sua sentenza, attesa come un evento nazionale, scuote l’opinione pubblica.
Rosa archivia 172 dei 189 reati, scagionando di fatto la maggior parte degli imputati e cancellando tutte le accuse di corruzione nei confronti di José Sócrates. L’ex primo ministro viene rinviato a giudizio solo per riciclaggio di denaro e falsificazione di documenti, accuse che molti osservatori considerano meno gravi e difficili da dimostrare.
Il giudice motiva la sua decisione con l’insufficienza delle prove e con vizi procedurali nelle indagini. Per alcuni, è un atto di coraggio giuridico. Per altri, un colpo durissimo alla fiducia nella giustizia.
Alla fine, solo 5 imputati vengono rinviati a giudizio per un totale di 17 reati, un decimo rispetto all’impianto accusatorio iniziale. Il processo, già lento e complesso, perde così gran parte della sua forza simbolica.
La reazione del Ministério Público e il ricorso
Il Ministério Público (MP) non si dà per vinto e presenta un ricorso contro la decisione del giudice Ivo Rosa, contestando l’archiviazione delle accuse più gravi, in particolare quelle di corruzione. La volontà del MP è chiara: riaprire il fascicolo e riportare alla luce tutti i reati che, secondo loro, non dovrebbero essere stati archiviati. Questa mossa segna una svolta importante nel caso, indicando che il pubblico ministero ritiene che le prove raccolte siano sufficienti per proseguire un procedimento più ampio e approfondito.
Decisione del Tribunal da Relação de Lisboa
Nel gennaio 2024, il Tribunal da Relação de Lisboa dà ragione al Ministério Público, annullando in gran parte l’archiviazione disposta dal giudice e reintroducendo 118 capi di imputazione. Il nuovo elenco coinvolge 22 imputati, fra cui spiccano nuovamente i nomi di José Sócrates, ex amministratori e diverse imprese legate allo scandalo. Questa decisione riporta al centro della scena giudiziaria l’ex primo ministro portoghese, il quale ora deve affrontare accuse di grande peso.
Tra le accuse a carico di Sócrates figurano 3 casi di corruzione passiva, 13 di riciclaggio di denaro e 6 di frode fiscale, per un totale di 22 reati. La vasta portata delle imputazioni mostra un quadro complesso e articolato di presunte illegalità, che coinvolgono anche altri protagonisti chiave come Carlos Santos Silva, Ricardo Salgado, Zeinal Bava, Henrique Granadeiro e Armando Vara. Tutti loro sono chiamati a rispondere di accuse simili, dimostrando come l’inchiesta abbia messo a nudo una rete ramificata di rapporti e presunte attività illecite.
Prescrizione e andamento attuale
Nonostante la riapertura del caso, il tribunale ha dovuto escludere 22 reati per prescrizione, concentrati principalmente sulle frodi fiscali commesse tra il 2005 e il 2010. Questa dinamica sottolinea una delle principali difficoltà giudiziarie nel trattare casi così complessi e prolungati: il rischio che il tempo cancelli alcune accuse prima che si possa arrivare a un verdetto. Nel giugno 2025, il Ministério Público ha riconosciuto la prescrizione anche di 3 falsificazioni relative al contratto di locazione dell’appartamento parigino di Sócrates, segnalando ulteriori limitazioni alla possibilità di condurre un processo integrale su tutte le accuse iniziali.
Prospettive di giudizio
Il processo principale è atteso per iniziare il 3 luglio 2025, quando José Sócrates e gli altri imputati dovranno presentarsi in tribunale per rispondere delle accuse riformulate. Tuttavia, la complessità del caso e i continui rischi di prescrizione su altri capi d’imputazione gettano un’ombra di incertezza sull’esito finale. Questi fattori alimentano dubbi sulla reale capacità del sistema giudiziario portoghese di chiudere definitivamente un fascicolo così articolato e politicamente sensibile, mantenendo al contempo l’attenzione pubblica alta.
Impatto politico e mediatico
L’Operação Marquês è stata spesso definita come la “Lava Jato lusitana“, un riferimento diretto al maxi processo anticorruzione brasiliano che ha scosso profondamente la politica e la società. Nel contesto portoghese, questo caso rappresenta uno dei più grandi scandali di corruzione degli ultimi decenni, con un impatto mediatico enorme e una forte risonanza nell’opinione pubblica.
Le ripercussioni sull’immagine di José Sócrates sono state pesanti, trascinando l’ex primo ministro da figura politica di primo piano a imputato simbolo delle difficoltà della giustizia portoghese nel combattere la corruzione. L’inchiesta ha messo in evidenza le criticità della lentezza giudiziaria nel Paese, dove i tempi lunghissimi e le complicazioni procedurali rischiano di vanificare gli sforzi investigativi.
Il dubbio che resta
A dieci anni dall’inizio dell’inchiesta, la domanda che aleggia è sempre la stessa: ci sarà mai giustizia? O l’Operação Marquês finirà per essere ricordata come l’ennesimo processo infinito, dove tutti parlano di corruzione, ma nessuno paga davvero il conto?