Questo non é il Bangladesh

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questo non è il bangladesh

La corsa di André Ventura verso la Presidenza della Repubblica portoghese è cominciata nel modo più controverso possibile. Il leader di CHEGA, figura centrale della destra populista in Portogallo, ha dato il via alla sua campagna con una serie di cartelloni che hanno immediatamente acceso il dibattito pubblico e suscitato accuse di discriminazione.

Nelle ultime settimane, manifesti con frasi come «Isto não é o Bangladesh» e «Os ciganos têm de cumprir a lei» sono comparsi nella capitale ma anche in località come Moita e Montijo e un po’ in tutto il paese, aree multietniche dove convivono da anni comunità di immigrati e di etnia rom. Messaggi brevi, diretti, ma dal significato pesante: un richiamo all’“ordine” che, dietro un linguaggio apparentemente neutro, trasmette un discorso di esclusione e divisione.

Questi messaggi non potevano che dividere l’opinione pubblica e indignare le comunità chiamate in causa.

Ventura, che da tempo costruisce la sua immagine politica sulla difesa dei “portoghesi comuns” contro ciò che definisce “privilegi delle minoranze”, usa ancora una volta la comunicazione visiva per polarizzare. I suoi cartelloni non parlano solo di legge o sicurezza: parlano di identità, di appartenenza e di paura.

Dettagli dei messaggi

I nuovi cartelloni elettorali di André Ventura hanno attirato l’attenzione per il linguaggio diretto e volutamente provocatorio e le reazioni non sono mancate.

Uno dei manifesti, riportato da Executive Digest, mostra in grande la frase «Isto não é o Bangladesh», accompagnata dal volto del leader di CHEGA. Il messaggio, affisso in zone a forte presenza di lavoratori immigrati provenienti dal subcontinente asiatico, è stato interpretato come un chiaro riferimento xenofobo.

Un secondo cartello, documentato da Rádio Renascença, riporta invece la scritta «Os ciganos têm de cumprir a lei», slogan già utilizzato da Ventura in passato e che torna ora come elemento centrale della sua retorica anti-rom.

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Entrambi i manifesti sono stati avvistati in diverse località della periferia di Lisbona ma anche di fronte al parlamento, con affissioni in zone pubbliche e ben visibili, come la piscina comunale della Moita, secondo quanto riferito da TSF.

La loro comparsa risale all’autunno 2025, periodo che coincide con l’inizio della pre-campagna per le elezioni presidenziali, quando Ventura ha intensificato la propria comunicazione politica sui temi dell’immigrazione, dell’ordine pubblico e dell’identità nazionale.

Motivazioni e strategia di campagna

La scelta dei messaggi non è casuale. André Ventura ha individuato due comunità target precise — gli immigrati originari del Bangladesh e la comunità zingara — per costruire una narrazione politica basata sulla contrapposizione tra il “Portogallo autentico” e chi viene percepito come elemento esterno o privilegiato.

Queste due comunità sono infatti diventate per molti il simbolo dell’insicurezza in Portogallo per ragioni diverse. Alla comunità del Bangladesh viene imputata infatti la scarsa sicurezza del quartiere di Martim Moniz oltre che la mancata integrazione con la comunità locale. In diverse zone di Lisbona infatti stanno lentamente creando una città parallela dove si vedono sempre meno portoghesi, come per esempio la Rua do Benformoso, dove spesso molti di loro vivono in sovraffollamento e dove spesso ci sono negozi di vario tipo, come quelli souvenir, di dubbia destinazione.

A questi temi si aggiunge inoltre il recente tema del divieto di indossare il burqa il luoghi pubblici, in Portogallo. Velo spesso indossato da molte donne della comunità del Bangadlesh.

Alla comunità rom invece Ventura rinfaccia la scarsa predisposizione al lavoro e la tendenza a richiedere sussidi. Il politico inoltre accusa la comunità di diverse attività illegali come furti, truffe e spaccio di droga.

Dietro i cartelloni si nasconde una logica politica chiara: rafforzare un’immagine di fermezza, fondare la campagna sul binomio “legge e ordine”, e presentarsi come il difensore di un Paese che, secondo Ventura, sarebbe minacciato da immigrazione incontrollata e da gruppi che non rispettano le regole comuni.

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Nel contesto della candidatura presidenziale, questi slogan servono a consolidare la figura del leader di CHEGA come candidato “anti-sistema”, capace di parlare a quella parte dell’elettorato che si sente trascurata dalla politica tradizionale. Ventura punta a intercettare la frustrazione sociale e a tradurla in consenso attraverso una comunicazione semplice, diretta e visivamente potente.

L’uso del cartello come strumento di propaganda risponde a una strategia precisa: frasi brevi, messaggi forti, immagine centrale del candidato. Ogni elemento è studiato per colpire immediatamente l’attenzione, creare polarizzazione e trasformare lo spazio pubblico in un palcoscenico politico.

Reazioni e controversie

Le nuove affissioni di André Ventura hanno suscitato una forte ondata di indignazione da parte di associazioni, istituzioni e personalità politiche.

Le associazioni rappresentative della comunità cigana sono state tra le prime a reagire. Come riportato da Rádio Renascença e Jornal Económico, otto organizzazioni hanno annunciato l’intenzione di presentare denuncia al Ministério Público (MP) per incitamento all’odio e valutano un’azione cautelare per chiedere la rimozione immediata dei cartelli. Secondo i rappresentanti, i manifesti di CHEGA violano i principi costituzionali di uguaglianza e contribuiscono a perpetuare stereotipi discriminatori nei confronti della minoranza rom.

Anche la comunità del Bangladesh ha reagito con preoccupazione. L’ambasciata del Bangladesh in Portogallo, citata da TSF, ha invitato alla calma e dichiarato di essere in contatto con le autorità portoghesi competenti per chiarire la situazione e garantire il rispetto dei diritti dei propri cittadini.

Ventura inoltre era stato già protagonista di episodi di dubbio gusto contro le comunità industaniche come quando lesse in Parlamento una lista di bambini provenienti da tale regione.

Sul piano politico, le reazioni non si sono fatte attendere. L’ex ammiraglio Henrique Gouveia e Melo ha accusato Ventura di «racismo puro e duro», paragonando la sua retorica all’uso di capri espiatori tipico dei regimi totalitari, come riportato da Sapo. Le parole dell’ex capo di Stato Maggiore della Marinha hanno amplificato il dibattito pubblico, portando il tema della xenofobia in politica al centro della discussione nazionale.

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Dal punto di vista legale, diversi giuristi e osservatori sottolineano che i manifesti potrebbero configurare una violazione della legge contro la discriminação racial e costituire discorso di incitamento all’odio, come indicato da Portugal Pulse. Se il Ministério Público decidesse di aprire un’inchiesta, Ventura e il suo partito potrebbero trovarsi di fronte a sanzioni o limitazioni alla propaganda elettorale durante la campagna presidenziale.

Questi cartelli inoltre vengono pubblicati in un periodo particolare in cui il parlamento sta votando la nuova legge sulla nazionalità. Un tema che tocca molte comunità che spesso scelgono il Portogallo per una legge sulla cittadinanza per ora favorevole.

Dimensione legale e costituzionale

La vicenda dei cartelloni di André Ventura riporta al centro del dibattito uno dei principi fondamentali della Costituzione portoghese: il divieto di discriminazione basata su origine etnica, razza o nazionalità. In Portogallo ogni messaggio pubblico che prenda di mira un gruppo specifico può configurare reato di discriminação racial o incitamento all’odio, previsto e punito dal Codice Penale.

Il Ministério Público (MP) e la giustizia portoghese hanno il compito di intervenire quando un contenuto appare xenofobo o discriminatorio. Secondo quanto riportato da Rádio Renascença, se un messaggio politico oltrepassa i limiti della libertà di espressione e mette a rischio la dignità o la sicurezza di una comunità, può diventare oggetto di inchiesta giudiziaria e portare all’apertura di un processo penale.

Le implicazioni per la campagna elettorale di Ventura sono potenzialmente rilevanti: se le autorità dovessero riconoscere un carattere discriminatorio nei cartelloni, il candidato di CHEGA potrebbe subire sanzioni amministrative, l’obbligo di rimuovere i manifesti o, più gravemente, un danno reputazionale che comprometterebbe la sua immagine pubblica. In un contesto politico altamente polarizzato, il confine tra libertà di espressione e discorso d’odio diventa così uno dei nodi centrali della campagna per le presidenziali del 2026.

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